10 marzo 2010
Stamattina presto la moto era pronta. Il ragazzo della “gomeria” è stato di parola ed aveva montato il copertone, arrivato con il corriere di mezzanotte, e fatto il cambio dell’olio motore.
Pagato l’hotel, con 120 pesos (24 euro), abbiamo ripreso il nostro viaggio verso nord, attraversato pianure infinite di un giallo paglierino, deserti sabbiosi color ocra punteggiati da grandi laghi di acqua azzura e lagune blu cobalto. Tutto sotto un cielo reso limpido dal forte vento.
Già dalla “Ruta 40″ cominciamo a scorgere, in lontananza, il picco del Fitz Roy. Sono più di 100 chilometri ma si vede così bene che quasi non serve deviare per andarlo a vedere da vicino.
Tuttavia decidiamo di andare a rendere omaggio al mitico Cerro Torre, ben noto a tutti gli alpinisti nostrani. I picchi montuosi si staccano dalla pianura e svettano verso il cielo, senza pedemontana. Siamo ad una quota relativamente bassa ma la neve è lì, a poca distanza da noi. Un’altro ghiacciaio, più piccolo e meno famoso del “Perito Moreno”, si riversa nel lago.
Troviamo molti turisti stranieri. Dall’abbigliamento sono tutti chiaramente appassionati di montagna, se non proprio alpinisti. Alcuni di loro sono italiani. Sulla strada incrociamo anche diversi cicloturisti, stracarichi di bagagli. Penso a quanto siano coraggiosi, con questo vento, senza mai sapere con certezza se arriveranno al prossimo centro abitato che può trovarsi anche a 200 km di distanza, portandosi appresso tutto il necessario per dormire, mangiare, vestirsi in caso di freddo o pioggia. Alcuni viaggiano in coppia, altri sono soli.
Reso omaggio a questa splendida montagna, rifatto il pieno, ci dirigiamo verso est per riprendere la mitica “Ruta 40″.
L’inizio non è dei migliori e lo sterrato presenta alcune difficoltà. Bisogna seguire le traccie delle ruote con molta attenzione. La striscia percorribile è molto stretta, anche meno di venti centimetri ed i bordi sono dei cordoni di ballast sciolto che basta toccare per cominciare a sbandare.
Con il vento diventa difficile mantenere la traiettoria. In un tratto particolarmente ostico, dove lo strato di ghiaia e pietrisco raggiunge i venticinque centimetri e la traccia è quasi invisibile, sbando un paio di volte e rischio di cadere. Fortunosamente rimango in equilibrio e proseguo, ma rallento. Renato mi supera e cinquanta metri dopo inizia una sbandata che non riesce a controllare e dopo una decina di metri è a terra, con la moto che si ferma sul bordo della pista, girata di 180 gradi. Fortunatamente la caduta è stata morbida e senza conseguenze. Dieci minuti affinchè si possa riprendere e ripartiamo.
Non e’ facile correre in questo tratto di strada. La tensione è massima ed i pugni sono serrati sulle manopole. Le mani mi dolgono. Centosettanta chilometri in questo modo non passano mai. Nini invece si trova a suo agio e probabilmente si sta divertendo.
Arriviamo ad un bivio dove un cartello indica l’Estancia Angostura, cinque chilometri di deviazione ed arriviamo nel paradiso terrestre.
Proprio sul limite di proprietà, appena oltre il cancello di accesso, alcune lepri ci fuggono davanti alle ruote. Un piccolo rio costeggia il viottolo che ci conduce alla Estancia. Delle oche selvatiche ci sguazzano e non si curano di noi che stiamo passando con le moto. La prateria di un verde lussureggiante contrasta con tutto ciò che abbiamo visto lungo il percorso ed è popolata di armenti. Mucche, pecore e cavalli si pasciono dell’erbetta fresca. Pavoni ed altri uccelli razzolano nella corte. Appena arresto la moto, un bel gattone bianco ci salta sopra, dandomi il benvenuto.
Il titolare dell’azienda ci spiegherà poi della presenza di puma in numero consistente. Loro li chiamano “Leones”. E di come a volte, per istruire alla caccia i loro piccoli, questi felini di dimensiomi notevolissime, compiano stragi di pecore, arrivando ad ucciderne, in una sola notte, fino a sessanta unità. Ci spiega inoltre che tra poco la stagione sarà finita e loro torneranno in paese, abbandonando tutto per tutto l’inverno. Greggi e mandrie rimarranno incustodite per tutto il periodo e dovranno arrangiarsi per sopravvivere. Qui la neve arriva a ricoprire il territorio con almeno 30 cm di spessore.
Nini era già passato per questo luogo 10 anni fa ed ora racconterà lui le emozioni che sta provando.
Ugo
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Mi approprio solo per questa volta del pc di Ughetto e unicamente per fare tutti pertecipi di ciò che sto provando.
Sono passati dieci anni da quando in una fredda notte di dicembre, ho trovato per caso questo paradiso: l’Estancia “La Angostura”.
Inspiegabilmente, ci siamo ritrovati nel medesimo posto che molti anni prima aveva contribuito a risolvere i non pochi problemi che avevo vissuto da viaggiatore solitario. Ora, con amici e con una giornata favolosa alle spalle, assaporo un piacere diverso. Riscopro me stesso e tutto ciò che era da molti anni sopito. L’emozione è tanta. Auguro agli amici più cari di vivere questi momenti.
Ho chiesto di “Bamby”, il piccolo guanaco che mi aveva accolto con la sua piccola padroncina ma, purtroppo, non ci sono più. Il primo per vecchiaia e la piccola a causa di un incidente. E’ inspiegabile che in un località tanto sperduta e per nulla trafficata si possa morire in questo modo. La tristezza che provo si mischia con l’emozione di essere nuovamente qui.
Tra poco ceneremo e, per quanto mi riguarda, il piccolo Bamby sarà al mio fianco e la piccola sulle mie gambe.
Nini
P.S. Lo sterrato (“il ripio”) è una favola. Ughetto sta diventando la freccia della Patagonia!!!
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É un viaggio particolare. Di viaggi in giro per il mondo ne ho fatti diversi. Vuoi per lavoro, vuoi per turismo. Con la famiglia, con gli amici, a volte da solo.
Quasi mai c’è stato il modo o il tempo per la riflessione.I periodi, sempre troppo brevi, non mi avevano mai consentito di staccare completamente, di allontanarmi dai problemi e pensieri di ogni giorno. In questa occasione sto cogliendo l’opportunità di stare un po’ con me stesso.
Sembrerebbe un paradosso. Siamo partiti in 2 ed ora siamo quasi sempre in 4. Eppure è così. Le lunghe ore di guida della mia moto, mi lasciano quotidianamente ampio spazio per stare con me stesso. Si, è vero, guardo il paesaggio, controllo se gli altri si vedono nello specchietto o davanti a me, incontro gente, faccio fotografie. Però lo spirito lo sento diverso da quello che sempre mi aveva accompagnato in precedenza.Comincio pan piano ad espellere le scorie che mi hanno incrostato la mente. Ci vorrà ancora del tempo.
Per ora il rapporto principale è con la mia moto. Fedele e vecchia compagna, non abbandonarmi! Io e lei ormai ci conosciamo bene. Ha sofferto un po,’ all’inizio del viaggio, dopo tanti anni di quasi inattività, ma non ne aveva colpa. Ora il suo motore gira come un orologio svizzero e tutto funziona a meraviglia. La seguo, le parlo, la sento. Colgo ogni variazione nel ritmo dei suoi giri. Come gira il vento anche i rumori e le vibrazioni che percepisco cambiano ed io cerco di capire se tutto è normale. Un attimo con fiato sospeso e poi mi tranquillizzo.
Sono anche altri i pensieri, ovviamente, ma per la maggior parte del viaggio tengo la mente sgombra e lascio che il tempo scorra……….
Ugo
Download itinerario del giorno >> (per visualizzare il tour è necessario Google Earth)
Ciao Ugo,
Bellissime foto e viaggio stupendo.
Ti seguirò (non è una minaccia) pure su Google map.
Innanzitutto mi complimento per le fantastiche foto e per il diario di viaggio, che più che un elenco di date e luoghi, sembra più il resoconto di un viaggio alla scoperta delle emozioni che vi danno i luoghi che visitate e le situazioni che vivete.
Il Perito Moreno, le Torri del Paine e il Cerro Torre fanno parte della Patagonia che mi affascina di più. La terza foto che inquadra il Cerro Torre fa intravedere addirittura il mitico fungo di ghiaccio della vetta, insormontabile ostacolo per raggiungere la vetta. Tra l’altro la prima salita al Cerro Torre, negli anni settanta, da alpinisti italiani.
Continuate così!