28 aprile 2010
Sono un po’ deluso di questo mio primo giorno in Mexico. Mi aspettavo un rapporto più facile con la gente e più cordiale. Forse l’abitudine maturata in questi due mesi ha creato in me un’aspettativa troppo forte oppure è semplicemente troppo presto per trarre conclusioni.
Probabilmente per loro io sono uno Yankee e come tale mi trattano, con freddezza e diffidenza. Si fa addirittura fatica a capirsi. Forse la Citta di San Cristobal de Las Casas è troppo frequentata da turisti e gli esercenti di ristoranti e negozi sono come da noi. Vorrebbero prendere i soldi, prima del servizio, ma che poi il turista si togliesse dalle scatole. Beh, qui sono e qui rimango, dovranno abituarsi……….
La città è molto bella e ricalca lo stile di Antigua Guatemala, con casette basse dipinte a tinte forti e facciate di palazzi e chiese decorate con legni, stucchi e sculture. Ho fatto tantissime fotografie, come resistere?
Mi sono poi avviato verso Palenque, a 220 km di distanza verso nord-est, dove esiste un sito Maya di grande interesse.
Purtroppo piove e sono molto combattuto sul mettere o meno la tuta da pioggia. Quassù sono a quota 2500 e se mi bagno non penso di riuscire ad asciugarmi con rapidità. Mi sono fermato a mangiare un piatto di carne con riso e fagioli, sperando che nel frattempo la pioggia smetta. Finito l’ottimo piatto (3 dollari), finita anche la pioggia.
La strada è contorta come una biscia ed è stretta. La media che riesco a fare è di 40 km/h. Mi ci vogliono 5 ore per arrivare a destinazione. Poi la caccia all’hotel con parcheggio ed internet WiFi e finalmente un po’ di riposo.
Tutte le strade del sud e centro america sono disseminate di quei stramalefici dossi trasversali che noi definiamo eufemisticamente “dissuasori’ e qui, a seconda del paese, li chiamano “lomo de burro”, “resaltos”, “tumulus”, “rompi muelle” o “vibraderos”. In Messico si chiamano “Topes” e sono un vero incubo. É l’unico paese in cui te li piazzano dappertutto, a ripetizione e senza preavviso. Non sono dipinti di giallo o di bianco, come dalle altre parti. Sono fantasmi che appaiono all’improvviso e ti costringono a frenate da Moto GP, oppure ti schianti sul dosso e ti arriva in bocca il serbatoio……….. Ho consumato più pastiglie dei freni qui, nei 500 km percorsi tra ieri e oggi, che nelle discese multiple dai 4000 boliviani.
In compenso vanno bene per i sorpassi. Tutti quasi si fermano ed allora …….zak………….
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27 aprile 2010
Il lago si è negato alla vista. Una leggera nebbiolina mi ha impedito di godere della panoramica dei vulcani che lo circondano e vi si specchiano.
Ho percepito solamente le loro sagome, tra la bruma, ma ho goduto del verde smeraldo delle acque della baia entro cui si precipitava spumeggiando un’altissima cascata.
Ho viaggiato per quasi 2 ore in un’autentica pista. 4 corsie di asfalto perfetto e tutta curve. Mi ha portato fino a quota 3000. Ne ho avuto il sospetto sentendo la pastosità del motore che però ha risposto, come sempre, perfettamente.
Il tempo era bello ed il traffico assente. Sono arrivato presto al confine con il Messico per essere pronto ad ogni evenienza. Tutto bene in Guatemala. Tutto bene o quasi, anche in Messico. Non fosse stato per il solito funzionario pignolino e rompiballe, avrei fatto in un lampo. E invece no, non è andata così. Questo si è letto riga per riga tutti i documenti, poi ha letto riga per riga tutte le copie degli stessi documenti. Poi ha confrontato gli originali con le copie. Poi ha rigirato il tutto come fosse un mazzo di carte ed infine ha ricominciato. Dopo un’ora stava ancora cercando il numero di telaio, la targa e l’indirizzo. Poi si è deciso e mi ha chiesto di aiutarlo. Credo facciano dei concorsi specifici per questi qui ed il più stupido vince!!!
Ora sono arrivato a San Cristobal de Las Casas, altro gioiellino di stampo spagnolo. Stasera ho solo fatto un giretto di assaggio ma domattina lo voglio vedere bene.
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26 aprile 2010
Antiqua Guatemala è una sorpresa, una piacevole sorpresa. Già ieri sera avevo fatto un giretto fino al parco e piazza centrale ed ero rimasto colpito dalla piacevolezza dell’architettura, semplice ma curata. Le strade silenziose, rivestite da acciottolato ed illuminate da lanterne di una calda luce gialla, sono impeccabili. La polizia presidia ogni angolo e la gente passeggiava tranquilla tra le aiuole del parco.
Stamattina ho percorso la cittadella in lungo ed in largo. La sua semplice architettura di impronta coloniale ispano-americana, è affascinante. I colori pastello delle facciate, gli intarsi dei portoni, le decorazioni dei cornicioni, le insegne delle botteghe sono di un gusto d’altri tempi. Sono entrato in alcuni androni, attratto dalla vista dei fiori che trabordavano dai giardini interni e mi son trovato in alcuni chiostri colonnati e patii da sogno, curatissimi nei minimi particolari. É insomma un gioiello e non a caso la città è entrata nel novero dei beni protetti dall’UNESCO.
Mi sono intrufolato poi nell’enorme mercato dell’Artesania ed in quello di uso corrente, dove la gente va a rifornirsi di ogni tipo di bene. Odori e colori, luci ed ombre. Magnifico. Ho perso il senso del tempo e quando son ritornato all’hotel erano già le due del pomeriggio. Troppo tardi per arrivare al confine con il Messico. Ho così deciso di percorrere una tappa breve, fino al lago Atitlan, di cui avevo letto relazioni positive. Solo 125 km. Nini sarebbe rabbrividito…
Sorpassando l’ennesimo pick-up stracarico di persone, mi son chiesto quanto tempo passa mediamente un centroamericano sul cassone di questo mezzo. Alcuni di loro sicuramente ci nascono. Quasi tutti vi suggono il primo latte materno, durante qualche trasferimento. Da bambini ci giocano, finchè papà guida e la mamma allatta l’ultimo nato. Da adolescenti ci salgono a gruppi per farsi portare a scuola e ridono e cantano. Da uomini vanno con la squadra al lavoro in silenzio, stipati, appisolati, infreddoliti. La domenica, sui pick-up, oltre agli uomini, ci sono le bestie da portare al mercato. Chi di noi lascerebbe 2 bambini soli sul cassone di un’auto in corsa, senza alcuna protezione? Chi di noi se la sentirebbe di fare un viaggio seduto sul fondo del cassone, su strade sconnesse, col caldo, con il vento e spesso con la pioggia? Loro lo fanno, ma purtroppo non credo sia per stare di più all’aria aperta.
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25 aprile 2010
La notte è stata ricca di suoni. La verandina posteriore dà direttamente sulla foresta. Alle 5 di questa mattina sono uscito per registrare il canto degli uccelli. Un’orchesta in piena regola che accorda gli strumenti prima dell’esibizione.
Lasciata la Hacienda, a 10 km di distanza mi sono fermato a Copan Ruinas, un sito archeologico di grande importanza e di rara bellezza. Ben tenuto, ben restaurato, dona la possibilità di immaginare la vita al tempo dei Maya.
Ho dovuto lasciare la moto nel parcheggio ed ho quindi riorganizzato il bagaglio, trasferendo nello zaino tutte le cose di valore e nella borsa da serbatoio i pochi capi di abbigliamento indispensabili per il cambio serale. Lo zaino me lo porto appresso, la borsa da serbatoio ed il casco li lascio al chiosco di entrata.
Fa molto caldo e son tutti gradini da salire o scendere. É proprio bello e valeva la pena di passarci.
Ora sto per lasciare l’Honduras e mi sono fermato in un ristorantino per consumare gli ultimi “Lempiras” prima della frontiera con il Guatemala. Un po’ mi dispiace, mi sono trovato bene in Honduras, specialmente con la gente, cordiale e generosa. É stato l’unico paese, tra quelli finora visitati, dove alla curiosità e gentilezza si è aggiunta anche la generosità disinteressata. In almeno 4 differenti occasioni delle persone ci sono state d’aiuto e si sono prodigate per risolverci dei problemi. Primo è stato il proprietario del lavaggio delle moto che ci ha fatto dono del servizio e delle consumazioni, mi ha accompagnato dal suo oculista per i miei occhiali ed infine ci ha fornito indicazioni utili. Poi il proprietario dell’hotel che ci ha ospitati, che ci ha praticato dei prezzi di favore, ci ha dato indicazioni utili per la spedizione della moto. Poi Javier, che si è prodigato non poco per ricercare e contattare direttamente per nostro conto l’agenzia con cui ora Nini sta dialogando per finalizzare la spedizione della moto. Infine il caro Ronny (Ronaldo), italo/americano/honduregno che ci ha ospitato al suo desco senza nemmeno conoscerci. Bravi questi honduregni, bravi y generosi, anche se tra loro si ammazzano. Ieri mattina parlavo con un tipo della sicurezza e mi ha fatto sorridere il fatto che tentasse di rassicurarmi, affermando che non sussistevano veri rischi, qui da loro. Piccolo particolare: a tracolla portava un cannone a canne mozze.
Ho pranzato leggero e per non correre il rischio di addormentarmi con questo caldo, ho optato per una “sopita” (una zuppetta). Questi gli ingredienti che sono riuscito ad individuare: Sopa de pollo y carne de res (vacca) y batata dulce a pedazos (a pezzi) y papa normal (patata con scorza) y mais (con pannocchia) y cebolla e arroz (riso) y frijoles (fagioli) y cavolo (non so come si dice) y lemon y zucchina (idem) y chili y avocado y carne molida (macinata) y tortillas de mais y cheso…………dimenticavo, bananas!!!! Leggera, insomma.
La moto va che è un piacere guidarla. Dopo che ho sistemato l’asse dello sterzo, dopo che le ho tolto di dosso una quindicina di kili, mi sembra un’altra moto. Sono proprio contento di come si sta comportando. Brava hondina.
Il passaggio alla dogana tra Honduras e Guatemala è stato uno dei più rapidi e semplici. Me la sono cavata in poco più di mezz’ora e con soli 8 dollari.
Poi ho fatto una tirata fino ad Antigua Guatemala, l’ex capitale del Guatemala. Ad attraversare la Ciudad de Guatemala mi ha aiutato un ragazzetto con la moto. Mi ero fermato ad un distributore per chiedere informazioni sulla strada da prendere e lui era lì e si è offerto di guidarmi attraverso tutta la capitale. Ho fatto prestissimo.
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