15 maggio 2010
Oggi Miriano mi ha accompgnato alla concessionaria Honda di Reno. L’Africa Twin non è un modello importato in questo paese ma i lavori che devo fare non prevedono la sostituzione di pezzi particolari. La lista è lunga ma sono tutte cose semplici. Cambio dei copertoni, della catena, dell’olio e verifiche varie. Martedì dovrebbe essere tutto a posto, pronta per affrontare i rimanenti 7.000 kilometri. (P.S. ieri ho girato i 25.000 km).
Siamo poi saliti verso Virgina City, una cittadina che ancora conserva il suo carattere pionieristico. Le costruzioni sono quelle originali di oltre un secolo e mezzo fa e vengono mantenute così per attirare i turisti. Nella Main Steet circolano pistoleri con tanto di Colt, cinturone e cartucce. I saloon sono quelli che abbiamo visto in tutti i film sul Far West e le musiche che risuonano per strada sono Country al 100%. Su molte insegne, originali dell’epoca, spiccano nomi tipicamente italiani. Miriano mi racconta che in origine la comunità italiana era consistente nell’area. Virginia city, come la vicina Silver City, è stata per decenni trivellata dai cercatori d’oro prima e d’argento poi. Dalla strada si possono ancora notare i cumuli di materiale scavato e setacciato che denotano la presenza di miniere. L’attività su larga scala è praticamente cessata. Rimane forse qualche nostalgico che ancora si ostina a cercare fortuna. E noi speriamo proprio che la possa trovare.
La bella giornata ha fatto uscire i motociclisti locali che con le loro Harley hanno invaso la cittadina. Sono tutti personaggi particolari, molto pittoreschi. Mi sono sbizzarrito a ritrarne alcune centinaia che facevano avanti indietro lungo la strada principale facendo rombare i loro motori.
14 maggio 2010
Ho lasciato la Valle con una temperatura molto alta. La strada si arrampica in salita fino a 1500 metri e lì fa già fresco. Ho incrociato molte coppie di motociclisti, tutti harleysti e tutti rivestiti di tatuaggi. Come sono strani e diversi da noi enduristi…. Devono averne vendute a milioni, qui negli States. Le moto che circolano al 97% sono Harley. La filosofia di chi le guida è differente dalla nostra, ma tra loro sono proprio tutti uguali. Ne ho incrociati alcuni, a quota 2500, con la neve attorno, in maniche corte e calzoncini. Io avevo freddo con la giacca, non so loro.
Il percorso mi porta in alto, tra foreste di pini e chiazze di neve e poi scende attraversando pianure aride e pascoli verdeggianti. Ogni poche centinaia di metri ci sono campeggi ed una buona parte del traffico è formata da camper o pickup attrezzati. Le indicazioni sono ottime e suggeriscono cosa vedere in ogni parte del territorio che si sta attraversando.
Ci sono molti laghi ed uno in particolare, il Mono Lake, presenta delle formazioni tufacee molto interessanti.
C’erano persone appostate da tre giorni in attesa di cogliere la luce migliore per fotografare questi monumenti naturali che si rispecchiano nell’acqua immobile.
La strada da percorrere per arrivare a Reno è tanta e forse me la son presa troppo comoda. Inoltre non ho fatto i conti con i rigorosi limiti di velocità e così sono arrivato con il buio.
Miriano mi è venuto incontro ed ora sono a casa sua a festeggiare con Diana, Giammi e Carlo davanti ad un buon piatto di spaghetti al pomodoro ed una coppa di vino rosso. Che pacchia.
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13 maggio 2010
Mi sono avvicinato alla Death Valley in punta dei piedi, come stessi andando a trovare un vecchio amico ammalato. Non so perchè mi ha fatto questo effetto, forse la suggestione, le storie lette, i racconti sentiti.
Ho guidato lentamente, osservando l’asprezza e la solitudine della montagna che si apriva davanti a me per poi farmi scendere in un catino, sempre più in basso, fino ad arrivare sul fondo della depressione più profonda dell’America settentrionale, a – 87 metri.
Nella valle non ci sono città, nè paesi, nè gruppi di case. Nella valle non ho visto nè sentito alcun animale, nè di pelo, nè di penna. Quando mi è capitato di fermarmi, la cosa che mi ha colpito di più è stato il silenzio. Nemmeno il fruscio del vento, solo il silenzio, assoluto. Tutto questo in apparenza, perchè in realtà la valle vive.
Mi sono informato e mi è stato detto che nella Valle della Morte sono state individuate e catalogate ben 600 specie di piante e fiori del deserto. Tipologie di piante che si sono acclimatate alle condizioni estreme della valle. Vento, scarsità d’acqua e salinità del terreno hanno richiesto particolari adattamenti.
Anche la fauna sembra sia ben rappresentata, con più di 200 specie di uccelli, quaranta tipi di mammiferi, una quarantina di rettili tra i quali 20 di serpenti. Inaspettatamente, sembra vivano qui anche crostacei e perfino una chiocciola marina. Sono infine rappresentati anche dei pesci, alcuni rari, altri frequenti nelle pozze e sorgenti di montagna.
E l’uomo? I primi coloni che si avventurarono da queste parti, poterono constatare come l’area non fosse libera ma bensì abitata da indigeni Timbisha, poi rinominati Shoshoni e Paiute. Di questi antichi popoli rimane solamente qualche centinaio di rappresentanti, dei quali una cinquantina continua a vivere nella valle. Sono passato a fianco del loro villaggio, costituito da carrozzoni in metallo e case prefabbricate. Mi si è stretto il cuore. Gli Stati Uniti saranno anche la più grande democrazia del mondo ma la loro storia si è abbeverata del sangue dei nativi e del sudore degli schiavi d’Africa. E questo non va dimenticato.
Nel 1849 la corsa dei cercatori d’oro spinse migliaia di poveracci verso questa terra arida e crudele. Nacquero decine di leggende su favolose miniere perdute sulle montagne.
Nel 1849 un centinaio di pionieri con famiglie e carri si inoltrarono nella valle. Passo’ un mese prima che riuscissero a scamparne. Dovettero mangiare i buoi ed abbandonare i carri. La loro epopea divenne una leggenda e diede il nome alla valle.
Geologicamente parlando, la Valle della Morte è una criptodepressione, lunga 220 chilometri e larga circa 40.
Le rocce risalenti a 500 milioni di anni fa, ritrovate sulle montagne, sono di arenaria e quindi di carattere sedimentario.
Preponderante però, per la formazione della valle, è stata l’intensa attività vulcanica, svoltasi principalmente nel Terziario.
Mi sono fermato a Zabriskie Point, celebrato nell’omonimo film di Antonioni. Le rocce che lo formano sono colorate e datano 10 milioni di anni.
La valle costituisce indubbiamente un laboratorio all’aria aperta per geologi e scienziati
Anche se ancora non siamo in estate, qui fa caldo. Nel luglio 2005, registrati con certezza i 54 gradi, la Valle della Morte segna il record storico mai registrato sulla Terra. La piovosità è minima e si registrano precipitazioni annue da 30 a 60 mm.
Non è un posto dove ci si sognerebbe di costruirsi una casetta.
Dei due resort esistenti nell’area, uno era chiuso ed uno era occupato completamente. Ho continuato quindi per altri 40 km, uscendo dall’area del parco, finchè non ho trovato un albergo con una stanza graziosa e qui mi sono fermato per la notte. Sono ancora in un’area desertica ed il silenzio è assordante. Buona notte!!!!
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12 maggio 2010
Non avevo ipotizzato di passare per Las Vegas, pensavo di girare direttamente dalla freeway 15 verso la Death Valley ma proprio a dimostrare come il mio programma di viaggio non sia preordinato ma si sviluppi lungo il cammino, giorno per giorno, quando sono arrivato al bivio di Baker ho tirato dritto. Las Vegas a quel punto distava poco più di un centinaio di kilometri. L’autostrada ti ci porta in un attimo e nella città si circola abbastanza bene. Tutto sommato penso di aver preso una buona decisione.
Ho trovato un’ottima suite in un buon hotel, 100 metri quadrati con 2 super letti king size, divani e poltrone, cucina completa e vista sui grattaceli della strip. Quanto ho speso? 26 dollari!! Cooooosì mi piace!
La cosa più buffa mi è capitata dopo aver posteggiato la moto nel parcheggio retrostante il Casinò. Ho chiesto ad un inserviente da dove sarei potuto passare per non fare tutto il giro del fabbricato. “Ma passa attraverso la sala del casinò”, mi ha risposto. “Ma come”, ho detto, “conciato così”? Si è messo a ridere. Poi ho capito. Probabilmente ero il più elegante tra l’umanità di giocatori presenti. Che bel carnevale!!
Ora mi son fatto una bella e meritata doccia e me ne andrò un po’ a spasso ad osservare questo mondo perverso, dedito al vizio. A più tardi allora………….
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Eccomi di ritorno. Bella e sorprendente. La pazzia di Las Vegas è contagiosa. É un grande luna park per adulti, è estrema in ogni sua manifestazione. Bisognava vederla. Ho anche approfittato per farmi rimborsare la deviazione dal “signor” Bellagio. Mi sono accontentato delle spese e poco più. Ho camminato tanto, tra la Roma antica del “Caesar Palace” e le calli veneziane del “Venetian”, che ormai non sento più le gambe. Mamma mia quanti soldi scorrono tra quei tavoli, e quanta gente strana si incontra.
Ora ho soddisfatto la mia curiosità ed accontentato sicuramente anche coloro che non avrebbero compreso una mia mancata visita a questo santuario del gioco d’azzardo e così domani riprenderò il cammino verso Nord, passando per la Death Valley.
Purtroppo mi è giunta notizia che Yosemity è chiuso per neve. Chissà, magari si scioglie nei prossimi due giorni e riesco a visitarlo.
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