2 aprile 2010
Stamattina abbiamo reclutato un taxista e ci siamo fatti portare a visitare Lima. Pensavo di trovare una città confusionaria, in disordine, con vecchi palazzi ingrigiti dal tempo. Abbiamo visto una Lima diversa. Oggi è Venerdì Santo ed anche per questo il traffico era ridotto al minimo.
La città è abbastanza moderna, con dei bei quartieri dalle strade larghe. Anche il centro è in ordine, pulito e poco chiassoso.Un giretto in centro, nelle vie principali, e poi al mercato dell’Artisania dove comperiamo delle piccole zucche la cui superficie è finemente incisa da artisti di una provincia dell’interno. Non so come e se riusciremo a portare a casa intere queste piccole opere d’arte. Per ora sono sistemate dentro gli zaini, poi sarà opportuno riporle all’interno delle valigie in alluminio, nelle quali, pian piano, si stanno liberando degli spazi.
Ci stiamo infatti liberando degli indumenti invernali che ci eravamo portati appresso in funzione delle basse temperature che avremmo potuto incontrare in Patagonia prima ed alle alte quote degli altopiani di Bolivia e Perù.
In realtà, salvo qualche breve episodio che ci ha costretto a guidare di notte, non abbiamo mai avuto grossi problemi con il freddo, a parte le mani.
Ora il clima è decisamente cambiato. Ci si veste molto leggeri ed ancora si soffre per il forte caldo. Sotto la tuta da moto indossiamo le protezioni e sotto a queste solamente una maglietta tecnica, per evitare che le protezioni si “incollino” alla pelle. Finchè si corre si sta bene, quando si rallenta o ci fermiamo, allora in pochi minuti si comincia a sudare. E farà sempre più caldo.
Rientrimo all’hotel e mi diletto a riprendere fotograficamente alcuni esempi delle difese anti “ladrones” che circondano le abitazioni.
A mezzogiorno partiamo con le moto. Fuori Lima la classica periferia infinita, fatta di quartieri poveri e baraccopoli fatiscenti. Per quaranta kilometri solamente baracche di lamiera, di paglia, di fango.
Tutto procede al meglio e corriamo spediti sulla Panamericana che a volte attraversa i paesi, ingorgandosi, altre volte si srotola nel nulla su 4 maglifiche corsie. Va tutto bene, fintantochè il destino non ci fa incrociare una pattuglia di poliziotti in attesa di polli da spennare. A nulla valgono le spiegazioni. Ci estorcono 200 Sol che si infilano direttamente in tasca e ripartiamo.
Il Perù ci ripresenta la sua faccia desertica. Dico desertica non per dire brulla e disabitata ma veramente deserta, come nel Sahara. Non lo sapevo e non me lo aspettavo.
Ormai sono più di mille chilometri di costa ed è sempre deserto. In questo tratto però c’è anche la sabbia, con le dune che arrivano ad invadere la carreggiata ed il vento che ti scaglia punte aguzze sul volto.
Ancora una volta arriviamo di notte perchè le distanze tra un paese per possibilità di ricezione alberghiera e quello successivo sono sempre notevoli. O ci si ferma molto presto, oppure si rischia di non arrivare in tempo alla località successiva.
Un’ora prima del tramonto sorpassiamo una Kawasaki con 2 persone a bordo. Si accodano e procediamo di conserva per una ventina di Km. Poi ci fermiamo per il rifornimento di benzina e loro con noi. Sono una coppia di colombiani che stanno viaggiando da gennaio attraverso tutto il Sud America. Dicono di averci visti ad Ushuaia. Sono molto simpatici. In questo momento stava guidando lei, Andrea. Considerando il carico e la presenza del passeggero, dev’essere proprio brava lei. Credo che li ritroveremo ancora, prima di arrivare a Bogotà.
Viaggiamo per un’altra ora e mezza con il buio. Il traffico, la notte, diventa un nemico molto pericoloso. I camion che provengono dal lato opposto ti abbagliano, tutti!! Quando invece li superi, ti abbagliano perchà sono curiosi. Le visiere dei caschi sono impolverate e la luce si rifrange disturbando la visuale. É necessario procedere senza la protezione della visiera e la sabbia portata dal vento ti sferza con violenza il volto. Ogni volta mi riprometto di non viaggiare di notte ma poi ci ricasco.
Troviamo un albergo. Tre stelle, c’è scritto fuori. Di queste almeno 2 sono sicuramente fasulle.
Per tutta la notte schiamazzi e clacson di auto e tuk tuk. A loro proprio piace suonare il clakson e fino alle sei di mattina non smettono.
Domani punteremo ancora verso nord, verso la frontiere con l’Equador. Stanotte cucirò sulla casacca un’altra bandierina……………
Download itinerario del 2 aprile 2010 >> (per visualizzare il tour è necessario Google Earth)
1 aprile 2010
Ci siamo lasciati alle spalle l’Hotel Cantayo di Nazca con un po’ di dispiacere.
Eravamo rimasti per 2 giorni di riposo e pace. Nulla di meglio da chiedere e tutte le risposte ci sono state date.
Questa mattina abbiamo fatto le cose con calma. Sveglia comoda, ottima colazione, manutenzione della moto e caccia videografica al “Colibri’ Coda Lunga”.
Piccolo, grazioso e scattante, l’ho colto proprio di sfuggita, dopo un lungo appostamento. Ha un volo straordinario il piccoletto, sembra un calabrone. Arriva sulla siepe fiorita, si posiziona in overing a lato del fiore ed inserisce il suo beccuccio proprio come farebbe un’ape. Il tempo di individuarlo e puntare la videocamera e già non c’è più. Si sposta con la velocità tipica degli insetti. Se ne sente il ronzio. Il frullo delle sue ali è talmente rapido da renderle invisibili. Va e viene, ma non si ferma che un attimo e già è altrove.
La strada è polverosa ed attraversiamo la città confusi tra camion e tuk tuk che sfiorano i banchi del mercato affumicando la merce esposta con fumi al nero di seppia, al ritmo dei clacson più strani.
Imbocchiamo la Panamericana che ci consente finalmente di tenere una buona media. Il fondo stradale è perfetto. A parte il traffico molto intenso e l’attraversamento problematico di tutti i centri abitati, il viaggio procede spedito e bene.
Due ore di pieno deserto e dopo una curva, inaspettato, appare lo specchio lucente dell’ Oceano Pacifico. Le sue onde si frangono sulla spiaggia, lanciando in aria una nebbiolina sottile. Dal mare alle Ande è tutto deserto. Mi ricorda il Sinai. Colline brulle e dune di sabbia, sterile e privo di forme di vita evidenti.
Solo una stretta fascia, a cavallo della strada che stiamo percorrendo, è relativamente verde, con tratti di cultura intensiva. É così diverso qui da quell’ambiente che ci eravamo abituati a vedere sugli altopiani. Ora mi è chiara la scelta degli antichi Inca di spingersi verso l’interno, affrontando altezze vertiginose con freddo e fatica.
Le baie sono battute dal vento e la sabbia giunge fino alla strada su cui gioca disegnando spirali ed annebbiando la vista.
Arriviamo a Lima dopo il tramonto e grazie alle precise indicazioni di Enzo non abbiamo difficoltà a trovare l’albergo.
Il contachilometri registra i 13.000 percorsi.
Le strade sono invase dal traffico e presidiate dalle forze dell’ordine. Il quartiere di San Isidro è moderno e pulito. Le case sono circondate da alte mura, difese da filo spinato. Le cancellate esterne ed il cancelletto in ferro che separa il piano superiore dell’hotel, a metà scala, sono eloquenti. Sono cose già viste in città come Caracas, Rio, Nairobi.
Sarà necessaria la massima attenzione domani, quando attraverseremo la città. Carichi come siamo, attiriamo l’attenzione e gli sguardi golosi di chi non ha nulla e nulla da perdere.
Stasera pianificheremo le ultime tappe che ci dovrebbero condurre al confine con l’Equador.
Download itinerario del 1 aprile 2010 >> (per visualizzare il tour è necessario Google Earth)