9 marzo 2010
Stamattina a colazione abbiamo trovato le nostre tute da moto lavate ed asciugate. Con 6 euro la proprietaria dell’hotel mi ha lavato 5 o 6 capi di vestiario. Qui in Argentina i prezzi sono molto convenienti. In Cile abbiamo avuto la sorpresa dei costi altissimi di ogni cosa. Hotel, pasti ma soprattutto la benzina hanno prezzi elevatissimi.
La ricerca di un meccanico, nonostante le informazioni di cui disponevamo, si è rivelata infruttuosa. Nessuna possibilità di trovare il ponticello per bloccare il manubrio e nessuna disponibilità di pneumatici per moto. Purtroppo domenica scorsa, mentre eravamo a Punta Arenas, zona tra l’altro che gode di notevoli agevolazioni fiscali, era domenica e tutte le attività erano sospese. Speravamo di trovare le gomme qui a El Calafate. Non è andata così. In conclusione, dopo aver girato per mezza mattinata, siamo riusciti ad ordinare un copertone a Rio Gallego. Arriverà con l’ultimo trasporto della notte.
Nell’attesa abbiamo rispettato comunque il programma recandoci a visitare il famosissimo Perito Moreno. Da una passerella panoramica che corre lungo la riva opposta, si può ammirare il suo fronte, altissimo e sospeso sul lago dove scarica in continuazione montagne di ghiaccio che prima scricchiola e poi esplode precipitando nell’acqua con alti spruzzi di schiuma. Sull’acqua opalina galleggiano piccoli icebergs. Il sole penetra a tratti tra le nuvoli grigie e fa brillare la superficie di ghiaccio. Sul fondo dei crepacci e nelle fenditure del fronte, il ghiaccio è di un blu intenso. Il campo ghiacciato scende dalle montagne lontane. É largo e maestoso.
Rientriamo al paese verso sera ed andiamo a verificare la situazione dei nostri ricambi. Ci comunicano che il ponticello non è stato trovato, mentre il copertone e l’olio sintetico stanno arrivano ma non saranno qui prima di mezzanotte. Il gommista si dichiara disponibile ad eseguire il lavoro a mezzanotte. Nel frattempo sembra ci sia qualcuno in grado di costruire un ponticello con mezzi di fortuna. Dopo diversi tentativi di scarso successo, finalmente viene presa la decisione giusta. Da un pezzo di ferro massiccio, tratto da uno scalpello da muratore, viene sagomato un pezzo simile a quello esistente. Con una mola viene scanalata la sagoma del manubrio e con un trapano eseguite le sedi per i bulloni. In un paio di ore viene montato un nuovo ed efficiente ponticello. Finalmente ora mi sento sicuro di tornare a correre sul ripio. Il gommista ci assicura che domattina troveremo la moto pronta per le otto e mezza. Sembra una persona seria e molto disponibile. Non potremmo tuttavia fare diversamente. Anche l’olio, benchè io ne abbia con me 2 kg, arriverà a mezzanotte. La mia Honda, nonostante i suoi 22 anni di eta’, ha consumato in 5000 km meno di 500 grammi di olio.
Finalmente, a fine giornata, le cose sembrano in via di risoluzione. Domani partiremo per il Fitz Roy e poi su, lungo la temibile Ruta 40.
8 marzo 2010
Dopo un meraviglioso risveglio ai piedi delle Torres de Paine, le Tofane locali, ed un’abbondante colazione, siamo partiti con un vento pazzesco per completare il tour del parco nazionale.
Gli scorci di montagne innevate e valli infinite hanno corroborato il nostro spirito. La guida con vento, sul “ripio”, è sempre difficoltosa.
Ci siamo quindi trasferiti a nord, verso El Calafate, una cittadina “muy linda”, sulla strada che conduce al Perito Moreno, lo spettacolare ghiacciaio il cui fronte si arresta sul lago.
Domani dovremo anche cercare un meccanico ed un gommista per cambiare il mio pneumatico posteriore, l’olio e rimettere al suo posto uno dei due ponti che bloccano il manubrio che ho perso con le vibrazioni sullo sterrato.
Sono già ormai mille i chilometri percorsi con il manubrio bloccato da un solo ponticello e delle cinghie.
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7 marzo 2010
La notte per me è stata molto breve. A letto alle 2 e sveglia alle 7. Devo alzarmi presto per tentare di riparare il guasto senza rovinare la giornata agli altri.
Smonto tutti i bagagli per l’ennesima volta e tolgo anche la valigia in alluminio. Sostituisco le centraline e parto per il giro di prova. Niente da fare, la moto va peggio di prima. Cambio la combinazione delle centraline. Una vecchia ed una nuova ma nulla da fare. Sono piuttosto demoralizzato e preoccupato.
Nini mi ricorda di controllare il filtro dell’aria. Lo faccio senza convinzione, in quanto non appare particolarmente sporco. Vado tuttavia a rifare il giro di prova, senza filtro dell’aria montato e…….la moto va!! Il motore prende tutti i suoi giri e non strattona più. Vado con il filtro in mano dal distributore più vicino per farlo pulire con l’aria compressa. Il soffio non rivela particolare presenza di polvere.
Ho tuttavia individuato il problema e non voglio rischiare di partire nelle condizioni di ieri. Entro pertanto in un supermercato ed acquisto delle spugnette in fibra. Si, quelle per lavare le pentole. Verdi! Nini me ne sistema una davanti alla presa dell’aria. Strappo la carta che avvolge il filtro originale e lo rimonto così, affidandomi alla spugnetta.
Intanto si son fatte le 11 e finalmente possiamo ripartire. La prima mezz’ora è di trepida fiducia, ma sempre in attesa di sentire uno strappetto del motore che invece funziona e gira a meraviglia. Piovicchia e fa freddo, anche stamattina.
250 km di asfalto ci portano a Puerto Natales. Una bella cittadina turisticizzata al massimo. Qui mangiamo in maniera divina e per la prima volta da quando siamo in sud america. Il Cile è carissimo. A differenza dell’Argentina, dove la benzina costa la metà che in Italia, qui costa addirittura più che da noi.
Il territorio che percorriamo è straordinario e si alternano basse colline su cui si inerpica la strada e pianure sconfinate, battute dal vento. Il cielo è nero, carico di pioggia ma all’orizzonte si intravvede una linea di azzurro. Noi ci stiamo dirigendo da quella parte. Il vento fa correre le nubi e le stira in cielo. Dei laghetti, ai lati della strada, sono popolati da fenicotteri rosa. Il vento aumenta e nell’ultimo tratto di 145 chilometri, trasforma il piacere in sofferenza. Già sull’asfalto risulta molto difficile tenere la moto quando le raffiche si abbattono su di noi. La traiettoria che percorre la moto attraversa zigzagando le due corsie. Sono tutto inclinato verso sinistra e vedo nello specchietto che anche per gli altri il problema è lo stesso. Contrastare il vento ma con attenzione. Quando cala la raffica bisogna risollevare prontamente la moto, altrimenti mancherebbe l’appoggio e si cadrebbe di lato. Ho quasi la sensazione che il vento possa portarmi via le ruote da sotto.
Sul “ripio” (lo sterrato), le cose vanno assai peggio. La polvere che si solleva rende scarsa la visibilità. Il vento rende incerta la traiettoria e si fatica a tenere la traccia battuta, finendo spesso sui cumuli di ghiaia che corrono nel centro strada e sui lati. La cosa peggiore è la “tole ondulee” o “costeletas” come la chiamano gli amici brasiliani. Innesca una vibrazione continua e toglie completamente aderenza al terreno. Il vento forte sposta così il retrotreno della la moto verso sottovento. Nelle curve poi, diventa davvero difficile tenere l’assetto.
É da un po’ che in lontananza si intravvedono le propaggini della Cordillera. Le cime in distanza appaiono innevate. Scorci di mare luccicante con sullo sfondo cime appuntite bianche di neve ed il cielo più drammatico che io abbia mai visto. Nero e tempestoso, sopra alle cime, stracciato da squarci di cielo dai bordi candidi e rilucenti che grandi fasci di luce attraversano per finire sulla superficie del mare rendendola d’argento.
Verso sera affrontiamo l’ultimo tratto ed arriviamo al Parque Nacional de Torres de Paine. La vista sullo sfondo lascia senza fiato. Svettante in lontananza una copia delle nostre dolomiti. In particolare le tre Torri di Lavaredo sembrano lì, ad attenderci.
Non c’è nessuno nel parco ed abbiamo la fortuna di trovare due stanze in un rifugio. Sono confortevoli e ci sistemiamo per la notte. La locandiera ci prepara una cena deliziosa a base di “sopa” biancastra ma saporita e l’immancabile cordero (agnello).
Alle 11 spengono il generatore e ci tocca andare a letto. Che dormita. Il vento tira per tutta la notte, fortissimo. Chissà domani come sarà.
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6 marzo 2010
Partenza da Ushuaia alle 10. Ci siamo dati appuntamento con Renato e Ricardo, i nostri amici brasileiri con cui avevamo cenato ieri sera. La mia Honda non gira come dovrebbe. Perde colpi e strattona. Cade una pioggerellina sottile e fastidiosa. Fa freddo. Qui aspettano la prima neve entro un paio di settimane.
Percorriamo a ritroso la strada che si inerpica tra le gole dei monti, alle spalle della città, tra boschi e valli meravigliose.
Peccato dover già riprendere il cammino. D’altra parte appare opportuno non sfidare troppo la sorte che ci ha permesso di godere, finora, di belle giornate e soprattutto senza pioggia. Temo che non tarderà a farsi viva. L’importante è cominciare risalire verso latitudini più alte che ci assicurino anche delle temperature accettabili.
Il viaggio prosegue senza inconvenienti, salvo quello della mia moto che proprio non va. Ci fermiamo ogni 150 chilometri per il rifornimento di benzina e poi riprendiamo. La destinazione fissata prevede una lunga tappa da Ushuaia a Porvenir, sulla riva sud dello stretto di Magellano. Da qui parte un tragetto che ci dovrà portare a Punta Arenas in due ore e mezza.
La strada è, per buona parte, in sterrato. Il problema principale sono i camion che sollevano una polvere impenetrabile che rende impossibile il sorpasso e fa perdere completamente la visibilità. Dopo 400 chilometri arriviamo al porto dove apprendiamo che il traghetto è stato annullato. Il prossimo partirà domani, alle ore 17. Decidiamo pertanto di dirottare sul traghetto più a nord, quello che avevamo preso per venire in terra del Fuoco. Si tratta però di percorrere altri 300 chilometri, non previsti, dei quali una metà su fuoristrada e di arrivare sicuramente a notte inoltrata. La benzina inoltre non sarebbe sufficiente, qualora non arrivassimo in tempo all’unico distributore che si trova circa a metà percorso.
Ripartiamo e fortunatamente non c’è molto vento. Arriviamo al distributore, dopo una folle corsa, mentre il benzinaio sta chiudendo. Anzi, ha già chiuso e se ne sta andando. Dopo molte preghiere e spiegazioni, acconsente e ci fa il pieno. Almeno così siamo sicuri di non doverci accampare per strada. Arriviamo al traghetto ed aspettiamo gli altri due.
In attesa di salire, mi accorgo che il manubrio della Honda ha qualche cosa di strano. Con la pila verifico gli attacchi e mi accorgo di averne solamente uno. L’altro, a causa delle scosse e vibrazioni, ha perso i bulloni e si è staccato. Non è un bel vedere. Improvviso una legatura di primo intervento con una fettuccia e salgo sul traghetto. La traversata è relativamente breve e ci consente un po’ di riposo.
Ripartiamo. Ormai è notte fonda. A me non piace viaggiare di notte in quanto ci sono troppi animali selvatici che attraversano la strada. Ne vediamo infatti un paio. Una lepre ed una volpe ci sfrecciano davanti alla ruota. Fortunatamente non c’è traffico.
A mezzanotte arriviamo a Punta Arenas. Siamo stanchi, dopo 14 ore ininterrotte di moto e 700 chilometri percorsi. Io ho fatto fatica ad arrivare con la moto ma domattina avrò modo di consultare un meccanico. Devo anche cambiare il pneumatico posteriore che ormai è finito.
Una volta in albergo apprendiamo che domani, domenica, tutto sarà chiuso. Meccanici compresi. Dormo male. Ho il pensiero di rappresentare un peso per gli altri, a causa del cattivo funzionamento della moto. Domattina mi alzerò presto per sostituire le centraline e provare poi come va il motore.
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5 marzo 2010
Oggi ce la siamo presa comoda. L’alberghetto che ci ospita è davvero carino. Abbiamo a disposizione due piccoli bungalows, davvero graziosi e puliti.
Le moto sono davanti alle camere, chiuse nel recinto dell’hotel. Un’abbondante colazione con vista dall’alto sul Canale di Beagle non è cosa da tutti i giorni. E noi ce la siamo goduta.
Con comodo e soprattutto con moto scariche, abbiamo percorso la ventina di chilometri che rimanevano da percorrere della “Ruta 3″, per arrivare alla mitica “Fin del Mundo”.
La zona è Parco Naturale ed è maglifica. La si percorre su sterrato tra boschi di rara bellezza e densità. Le montagne innevate sovrastano laghetti argentei e lagune dall’acqua ambrata. I castori sono al lavoro. Difficile non fermarsi ogni pochi metri per contemplare queste bellezze.
La strada finisce sulla baia ed è la strada che giunge alla più bassa latitudine.
La passeggiata su passerella in legno conduce ad una piattaforma in legno da cui si può contemplare il mare e sognare.
Poco oltre si percepisce la presenza de mitico Capo Horn, sogno e tormento di navigatori d’ogni tempo.
Oggi sarebbe stato un giorno ideale per doppiarlo in calma di vento. Ma non e’ ancora giunta l’ora………………..
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