Itinerario del 7 marzo 2010

Itinerario del 7 marzo 2010

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7 marzo 2010

La notte per me è stata molto breve. A letto alle 2 e sveglia alle 7. Devo alzarmi presto per tentare di riparare il guasto senza rovinare la giornata agli altri.

Smonto tutti i bagagli per l’ennesima volta e tolgo anche la valigia in alluminio. Sostituisco le centraline e parto per il giro di prova. Niente da fare, la moto va peggio di prima. Cambio la combinazione delle centraline. Una vecchia ed una nuova ma nulla da fare. Sono piuttosto demoralizzato e preoccupato.

Nini mi ricorda di controllare il filtro dell’aria. Lo faccio senza convinzione, in quanto non appare particolarmente sporco. Vado tuttavia a rifare il giro di prova, senza filtro dell’aria montato e…….la moto va!! Il motore prende tutti i suoi giri e non strattona più. Vado con il filtro in mano dal distributore più vicino per farlo pulire con l’aria compressa. Il soffio non rivela particolare presenza di polvere.

Ho tuttavia individuato il problema e non voglio rischiare di partire nelle condizioni di ieri. Entro pertanto in un supermercato ed acquisto delle spugnette in fibra. Si, quelle per lavare le pentole. Verdi! Nini me ne sistema una davanti alla presa dell’aria. Strappo la carta che avvolge il filtro originale e lo rimonto così, affidandomi alla spugnetta.

Intanto si son fatte le 11 e finalmente possiamo ripartire. La prima mezz’ora è di trepida fiducia, ma sempre in attesa di sentire uno strappetto del motore che invece funziona e gira a meraviglia. Piovicchia e fa freddo, anche stamattina.

250 km di asfalto ci portano a Puerto Natales. Una bella cittadina turisticizzata al massimo. Qui mangiamo in maniera divina e per la prima volta da quando siamo in sud america. Il Cile è carissimo. A differenza dell’Argentina, dove la benzina costa la metà che in Italia, qui costa addirittura più che da noi.

Il territorio che percorriamo è straordinario e si alternano basse colline su cui si inerpica la strada e pianure sconfinate, battute dal vento. Il cielo è nero, carico di pioggia ma all’orizzonte si intravvede una linea di azzurro. Noi ci stiamo dirigendo da quella parte. Il vento fa correre le nubi e le stira in cielo. Dei laghetti, ai lati della strada, sono popolati da fenicotteri rosa. Il vento aumenta e nell’ultimo tratto di 145 chilometri, trasforma il piacere in sofferenza. Già sull’asfalto risulta molto difficile tenere la moto quando le raffiche si abbattono su di noi. La traiettoria che percorre la moto attraversa zigzagando le due corsie. Sono tutto inclinato verso sinistra e vedo nello specchietto che anche per gli altri il problema è lo stesso. Contrastare il vento ma con attenzione. Quando cala la raffica bisogna risollevare prontamente la moto, altrimenti mancherebbe l’appoggio e si cadrebbe di lato. Ho quasi la sensazione che il vento possa portarmi via le ruote da sotto.

Sul “ripio” (lo sterrato), le cose vanno assai peggio. La polvere che si solleva rende scarsa la visibilità. Il vento rende incerta la traiettoria e si fatica a tenere la traccia battuta, finendo spesso sui cumuli di ghiaia che corrono nel centro strada e sui lati. La cosa peggiore è la “tole ondulee” o “costeletas” come la chiamano gli amici brasiliani. Innesca una vibrazione continua e toglie completamente aderenza al terreno. Il vento forte sposta così il retrotreno della la moto verso sottovento. Nelle curve poi, diventa davvero difficile tenere l’assetto.

É da un po’ che in lontananza si intravvedono le propaggini della Cordillera. Le cime in distanza appaiono innevate. Scorci di mare luccicante con sullo sfondo cime appuntite bianche di neve ed il cielo più drammatico che io abbia mai visto. Nero e tempestoso, sopra alle cime, stracciato da squarci di cielo dai bordi candidi e rilucenti che grandi fasci di luce attraversano per finire sulla superficie del mare rendendola d’argento.

Verso sera affrontiamo l’ultimo tratto ed arriviamo al Parque Nacional de Torres de Paine. La vista sullo sfondo lascia senza fiato. Svettante in lontananza una copia delle nostre dolomiti. In particolare le tre Torri di Lavaredo sembrano lì, ad attenderci.

Non c’è nessuno nel parco ed abbiamo la fortuna di trovare due stanze in un rifugio. Sono confortevoli e ci sistemiamo per la notte. La locandiera ci prepara una cena deliziosa a base di “sopa” biancastra ma saporita e l’immancabile cordero (agnello).
Alle 11 spengono il generatore e ci tocca andare a letto. Che dormita. Il vento tira per tutta la notte, fortissimo. Chissà domani come sarà.


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