Penisola di Valdés – parte 2




Itinerario del 1 marzo 2010

Itinerario del 1 marzo 2010

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1 marzo 2010

La penisola di Valdes è una piattaforma di terra che si allunga sull’oceano Atlantico per un centinaio di chilometri.

Da qualche anno, grazie alla ricca e particolare avifauna che la popola, è stata inclusa tra le aree protette dall’UNESCO e definita “Patrimonio dell’Umanità”. Lo stesso Charles Darwin, nel suo peregrinare alla ricerca di nuove specie da catalogare, ne era rimasto colpito.

Nell’interno, la sua enorme superficie è attualmente suddivisa in 80 proprietà terriere. Vi crescono esclusivamente sterpaglie e piccoli arbusti adatti solo all’allevamento di ovini che si contendono i germogli con i numerosi e graziosi guanachi selvatici, presenti ovunque.

Ogni Estancia (fattoria) possiede e gestisce decine di migliaia di pecore che forniscono una lana così pregiata da avere giustificato, in passato, la creazione di un porto per favorirne l’invio verso i mercati lontani.

Oltre alle volpi grigie, alle lepri di Patagonia dalle lunghe zampe, tanto da farle apparire più come piccoli cani che come le nostre lepri, alle faraone selvatiche che razzolano ovunque lungo la pista e a “los aves caroneros”, grandi uccelli veleggiatori mangiatori di carogne, la caratteristica peculiare sono le numerose colonie di pinguini, di elefanti di mare e di leoni marini. Qui, lungo le coste frastagliate, trovano il loro habitat ideale e qui vengono per riprodursi. Un solo maschio di elefante riesce a coprire fino a cento esemplari di femmina.

Anche l’Armadillo “peludo” è presente con numerosi esemplari. Sembra un gigantesco bruco corazzato con un simpatico musetto da porcospino e la coda di un gigantesco ratto. E’ curioso e non teme l’uomo, per cui si riesce ad avvicinarlo fino a pochi centimetri. Con le lunghe unghie di cui e’ dotato, è in grado di scavarsi un rifugio sottoterra e sparire alla vista in pochi secondi. I locali lo mangiano, trovandone il sapore gradevole. Io devo dire che riuscirò a farne a meno senza rimpianti.

L’osservazione dei mammiferi del mare è semplificata dalla creazione di osservatori, posti a debita distanza e soprelevati. Gli esemplari presenti sono numerosissimi, stipati uno a fianco dell’altro, mescolati tra razze e dimensioni. I giganteschi elefanti si distinguono facilmente per la loro mole (arrivano a pesare fino a 4000 kg) ed il loro colore biancastro. Sono meno numerosi dei leoni marini che si crogiolano al sole finchè i loro piccoli sguazzano nelle piscine naturali tra “las restingas” (canali scavati nella roccia dall’acqua che sale e scende con la marea) e si satollano di alghe, pesciolini e piccoli crostacei.

Sulle restingas si notano anche resti di antichi velieri che vi si sono arenati nel tentativo di trovare rifugio dalla tempesta. La visita ci ha riempito gli occhi. Abbiamo ricaricato lo spirito e siamo pronti a ripartire.


Siamo partiti presto stamattina e lungo la strada il traffico era intenso. Via via che scendiamo diventano sempre più rari i distributori e la mia Honda è davvero assetata. L’autonomia è più bassa del previsto ed abbiamo dovuto ricorrere all’uso delle tanichette di emergenza che teniamo appese alle casse di alluminio. La KTM di Nini non ha invece problemi di questo tipo. Consuma meno ed ha un serbatoio molto più capiente del mio.

Il vento è divenuto ormai il compagno più assiduo. Non ci molla mai. E’ molto forte e temo che ci accompagnerà fino a destinazione. Quando lo abbiamo di lato, ci spinge e ci si appoggia con la sensazione di viaggiare di bolina stretta. Sbandati ma stabili. Quando invece viene di fronte o da dietro e cambia anche di pochi gradi a destra e sinistra, ci fa ondeggiare visibilmente. I camion che passano rappresentano un ulteriore momento di destabilizzazione e ci schiaffeggiano con pesanti spostamenti d’aria che si aggiungono o sottraggono alle raffiche del vento.

L’asfalto a tratti è fortemente deteriorato e bisogna evitare di entrare nelle profonde orme delle ruote dei camion, impresse sulla carreggiata ed evitare le buche che la punteggiano.

Abbiamo attraversato la città di Comodoro Rivadavia, lasciandola scorrere senza fermarci. Come si fa a vivere in un posto così?

Ora, percorsi più di 650 chilometri, ci siamo fermati a Caleta Olivia. Ma quanto è lunga l’Argentina? Domani proveremo a farne altri 700.


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