Volo sulle Linee di Nazca
Download volo sulle “Linee di Nazca” del 31 marzo 2010
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31 marzo 2010
Siamo a Nazca, ospiti di un bellissimo hotel sulla cui porta sta scritto “un’oasi di pace”. Naturalmente il proprietario è un italiano. Precisamente di Padova.
Enzo è approdato in Perù 10 anni fa, seguendo la sua curiosità e rovistando tra le pietre di ICA. Col tempo ha rilevato il rudere di una ex fazenda in rovina ed ha realizzato questo piccolo paradiso.
L’hotel, oltre che essere esteticamente gradevole, con i suoi ampi porticati, i vasti saloni, la bella e fornita biblioteca, è anche dotato di ogni comfort, dalla SPA alla palestra, alla piscina, maneggio, stalle e recinti per gli animali più strani, autoctoni o di importazione. Vedo struzzi, tacchini, caprioli, mucche e cavalli.
Oggi qui ho visto con emozione, per la prima volta nella mia vita, dei colibrì liberi che suggevano il polline dei fiori delle siepi.
L’azienda è circondata da 12 ettari di terreno sui quali ha ricreato ambienti tipici e piantato alberi di rara bellezza e cactus recuperati in varie aree della regione. Qui coltiva, con tecniche rigorosamente biologiche (ci tiene a dirlo), quanto necessario per la cucina dei suoi ospiti.
Il proprietario è persona squisita, cultore di filosofie orientali, dedito alle pratiche fisiche e mentali di chi cura la mente e cerca dentro se stesso. Profondo conoscitore della storia e della cultura degli antichi abitanti del Perù, ci fornisce preziose indicazioni per visitare luoghi, permettendoci di arricchire il nostro viaggio.
Ottimo cuoco, cura personalmente ogni particolare, dall’approvvigionamento delle vivande alla cottura di specialità locali ed internazionali. La pasta che abbiamo mangiato oggi, dopo 40 giorni di astinenza, era sublime.
La sua gentilezza ed ospitalità ci hanno convinto a rimanere un giorno più del previsto. Sarà un giorno di relax e, ne sono sicuro, ne sarà valsa la pena.
Stamattina molto presto vengono a prendere per portarci all’aeroporto di Nazca. Andiamo a vedere dall’alto le misteriose “Linee di Nazca”, oggetto da decenni di studi da parte di esperti di tutto il mondo che hanno elaborato le ipotesi più disparate.
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Alle 8,30 decolliamo su un piccolo Cessna a 4 posti. Il volo dura 20 minuti scarsi ma consente di sorvolare la piana che contiene “Le Linee”.
Il terreno è arido e di colore uniforme. Appena decollati si sale a quota 240 piedi. Siamo subito sul deserto. L’attenzione viene attratta da alcune linee che per la loro inconsueta regolarità appaiono in contrasto con il dedalo di incisioni create dall’acqua sul terreno.
In un primo momento mi vien a pensare ad un effetto dovuto alla suggestione, ma il pilota mi assicura che sono “già alcune delle Linee”, anche se non catalogate tra quelle di primaria importanza dal punto di vista turistico.
Lo scopo del volo è infatti quello di sorvolare le figure più note e rappresentative.
Riusciamo a distinguere nitidamente, una dopo l’altra, una dozzina di soggetti.
Il cielo coperto e la luce diffusa non consentono lo scatto di fotografie nitide. Meglio così, ci sono già talmente tanti documenti da poter consultare che non vale la pena di eseguire foto mediocri e rischiare di perdere le immagini in diretta. Sono così suggestive che rimarranno per sempre incise nella mia memoria.
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Informazioni
Le “Linee di Nazca” sono definite come geoglifi, ovvero linee tracciate sul terreno. Si trovano nell’arido deserto di Nazca, posto tra le città di Nazca e di Palpa, nel Perù meridionale.
Sono stati individuati e catalogati oltre 800 disegni e più di 10.000 linee. I disegni più conosciuti includono i profili stilizzati di vari animali, tra i quali la balena, il pappagallo, il colibrì, il condor ed un enorme ragno lungo circa 200 metri.
Si ritiene che i geoglifi siano opera della Civiltà Nazca, fiorita tra il 300 a.C. ed il 500 d.C.
Le Linee risultano evidenti in quanto sono state rimosse le pietre contenenti ossidi di ferro dalla superficie del deserto, evidenziando il contrasto con il pietrisco sottostante, di tonalità più chiara. É opinione comune che le rappresentazioni siano state eseguite in due epoche distinte, prima sarebbe avvenuta la creazione dei disegni stilizzati e successivamente la superposizione delle figure geometriche. La datazione è tuttavia incerta, non potendosi applicare al materiale inorganico utilizzato nella costruzione il metodo di datazione a mezzo del Carbonio 14.
Alcuni studiosi sostengono che la vicina Cahuachi, cittadella mistico-cerimoniale, sarebbe la patria di origine del popolo dei costruttori.
Benchè già qualche accenno alle Linee sia reperibile su documenti storici datati 1547, ad opera dello spagnolo Pedro Cieza de León, bisogna aspettare l’avvento dei voli di linea che consentiranno, solamente e casualmente, la scoperta nel 1927.
Le Linee nel 1939 furono oggetto di studio da parte di un archeologo statunitense che si dedicò al loro studio, fermandosi a Nazca per oltre 8 anni.
Nel 1947 Hans Horkheimer elaborò la teoria che queste Linee rappresentassero il percorso seguito dagli antichi abitanti nel corso di cerimonie rituali.
Infine la studiosa Maria Reiche, archeologa tedesca, sostenne che le Linee rappresentassero un calendario astronomico. Identificò la figura della Scimmia con l’Orsa Maggiore, il Delfino e il Ragno con la Costellazione di Orione e così via.
Secondo la studiosa, l’opera non poteva che essere frutto del contributo di veri tecnici dell’epoca, equivalenti come capacità ai nostri ingegneri moderni.
Questa teoria fu comunque smentita da altri studiosi, in epoche successive. Rimane pertanto la suggestione ed il mistero che avvolgono questa meravigliosa ed inspiegabile opera.
« I vecchi indiani dicono di possedere la conoscenza dei loro antenati e che, molto anticamente, cioè prima del regno degli Incas, giunse un altro popolo chiamato Viracocha. Non erano numerosi, furono seguiti dagli indios che vennero su loro consiglio e adesso gli Indios dicono che essi dovevano essere dei santi. Essi costruirono per loro i sentieri che vediamo oggi. »
Studi di altri archeologi (il tedesco Markus Reindel ed il Peruviano Johnny Isla), tendono a dimostrare come le linee abbiano a che vedere molto più probabilmente con rituali collegati all’acqua, piuttosto che con concetti astronomici.
Molte sono le ipotesi su come i Nazca abbiamo disegnato queste linee. Tecnicamente sono perfette e testimoniano della grande conoscenza della geometria da parte degli antichi abitanti di questa zona. L’ipotesi più accreditata afferma che gli antichi peruviani abbiano realizzato i disegni in scala ridotta per poi riportarli sul terreno a mezzo di un reticolato tracciato con corde.
Link interessanti:
http://www.youtube.com/watch?v=j2JVSH2tTEQ
http://www.youtube.com/watch?v=gwDzq8An204
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30 marzo 2010
Ieri ci è andata proprio bene. Ci siamo fermati appena in tempo a Chalhuanca, stanotte è piovuto molto. Ma stamattina il cielo è di un blu intenso, con nemmeno una nube. Io ho fatto una buona dormita. A Nini non ho avuto il coraggio di chiedere… Paghiamo i 45 Sol (12 euro) per l’ottimo (?) alloggio e partiamo.
Già ieri sera negli ultimi 100 km la strada era molto scorrevole e ben fatta. Oggi continuiamo su una carreggiata perfetta con curve ben fatte. Divertente, se non fosse per lo sbilanciamento del carico, sarebbe una strada da sballo. Nemmeno un tratto di 100 metri diritto. Tutta una curva.
Saliamo e ci troviamo presto oltre i 4000 m slm. Le valli che percorriamo sono di una bellezza selvaggia, con forre e dirupi che sembrano tagliati con il coltello. I torrenti che costeggiano la strada sono carichi d’acqua e ruggiscono furiosi. Saliamo ancora e raggiungiamo più volte i 4200 metri con una punta massima di 4560.
L’altipiano su cui ci troviamo è immenso, un’immensa pietraia ricoperta parzialmente da bassi ciuffi d’erba. Qui, a 4500 metri, ci sono dei villaggi. Ogni pochi chilometri c’è un insediamento umano e ovunque si giri lo sguardo ci sono greggi di lama e alpaca al pascolo. Hanno il vello molto lungo, dev’essere vicina la stagione della tosatura. I piccoli di alpaca sono bellissimi e quando ci sentono fuggono in cerca di protezione.
Quando ci fermiamo per scattare delle fotografie e spegnamo le moto, il silenzio ci coglie di sorpresa. Qui tutto è fermo immobile, come sospeso nel tempo e nello spazio.
Le formazioni rocciose sono imponenti e bianche nubi invadono il cielo. Davanti a noi ora volteggiano dei condors. Sono i primi che vediamo ed il loro volo senza battito d’ali mi ricorda l’altra mia passione, il volo in aliante. A questa quota, con quest’aria cristallina, questo silenzio, mi sembra d’essere in volo sopra le cime dolomitiche, tra i batuffoli bianchi dei cumuli. A questa quota però, quando volo, utilizzo l’ossigeno. Anche qui, ora, sarebbe molto utile. Basta un movimento fuori dal normale per sentire la respirazione che accelera e la testa pesante.
Continuiamo a salire oltre i 4000 e poi a scendere nelle valli. La strada è perfetta ed il servizio di manutenzione eccellente. Già stamattina tutti i sassi trascinati in strada dall’acqua della notte, erano stati rimossi. Gli altipiani sono verdi ma l’erba è rada e corta. Quando scendiamo anche poco di quota subito i cespugli si fanno più grandi ed iniziano a vedersi cactus ed altre piante grasse.
Sui 3500 metri ci sono i fichi d’india e le agavi. Poco più sotto ho visto dei banani.
A quattromila metri l’aria è frizzante ma appena imbocchiamo la discesa, subito si riscalda. Ci capita spesso di dover rallentare ed addirittura fermare le moto perchè qualche mucca sta pascolando a centro strada. Sull’ultimo passo è stato istituito un parco nazionale ed incrociamo branchi enormi di vigogna liberi al pascolo.
Negli ultimi 100 chilometri il paesaggio cambia improvvisamente e drammaticamente. Dopo giorni di valli e montagne verdi, ci troviamo precipitati in un panorama assolutamente brullo e sterile. Nemmeno un filo d’erba, nemmeno una pianta. Tutto è grigio o marrone chiaro. Solo sassi e terra. E la strada segue tutti i meandri della montagna, fino a Nazca.
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29 marzo 2010
Ormai è deciso, partiremo verso mezzogiorno. Trascorriamo la mattinata visitando musei e le vie cittadine di maggior interesse.
Cusco (qui la ciamano così e non Cuzco) è davvero carina. Forse la cittadina più ricca d’interesse tra quelle finora visitate. É ben tenuta e l’impianto urbanistico ha mantenuto l’originale impronta Inca. I Conquistadores hanno distrutto l’antica città col ferro e con il fuoco ma le fondamenta sono rimaste e su quelle hanno edificato palazzi e chiese.
A Cuzco non mancano certo le banche. Ce ne sono ogni pochi metri e così pure le botteghe di cambio valute. É chiaro come tutta l’economia della città sia strutturata sul turismo. É altrettanto chiaro come l’attuale politica del governo e della città stiano malamente gestendo questa risorsa in quanto la politica attuale sembra sia quella del mordi e fuggi. I prezzi sono alle stelle ma non è così che si pianifica uno sviluppo intelligente.
Partiamo. La moto ha il grande vantaggio di consentire un contatto diretto con quanto ti circonda. Si sentono i profumi dell’aria, come quando ieri, passando entro un boschetto di eucalipti, se ne è percepito l’aroma. Si sentono però anche i cattivi odori, che qui non mancano.
La strada sembra essere il luogo ideale per allevare il bestiame. Sulle scarpate, infatti, pascolano mucche, cavalli, asini, pecore e maiali. Più o meno liberi o legati ad una corda ma comunque a ridosso della carreggiata. I cani poi, sono numerosissimi e molti rimangono inevitabilmente travolti dai camion.
La strada si arrampica a mezza costa, sulle scarpate dei monti che circondano l città. Guardo con preoccupazione come abbiano costruito selvaggiamente, accatastando una sull’altra abitazioni che non reggeranno in caso di piogge intense. Il terreno è assolutamente instabile e rischia di smottare a valle alla prima pioggia. Per evitare ciò, gli abitanti tentano disperatamente di impedire all’acqua di raggiungere il terreno su cui insiste la loro casa e lo coprono con nylon azzurri che creano un grottesco effetto visivo. Spero non succeda, ma temo sarà inevitabile che tutto, prima o poi, frani a valle. Irresponsabili le autorità, che permetto ciò, ma tant’è, in Italia non siamo da meno.
Dopo mezz’ora stiamo per entrare sotto ad un temporale violento. Ci fermiamo all’asciutto per indossare la tuta da pioggia. Con tutto quello che già abbiamo addosso, l’operazione è lunga e complicata. Io alla fine sembro l’Omino Michelin… Entriamo subito sotto ad un violento scroscio di temporale ma dura poco.
Da questo momento percorreremo altri 200 km, imbottiti come cotechini, senza più trovare pioggia. Le salite (due valichi sui 4000 m), le curve continue ed il caldo, ci esauriscono ogni energia. Non si fa strada!! La statale non è fatta per correre. Attraversa cittadine, guada fiumiciattoli, devia continuamente a causa di lavori in corso. Il tempo passa ma non si avanza. Ormai è chiaro che per stasera non arriveremo a Nazca.
Qui comincia a far buio molto presto. Alle sei e mezza il sole già non c’è più e nelle parti in ombra si fatica a vedere la strada. Davanti a noi un’unica cittadina prima di Nazca, trecento cinquanta km più avanti. É notte, sta per scatenarsi il finimondo proprio davanti a noi. Le prime gocce già cadono quando entriamo nel pueblo.
Ci fermiamo al primo hotel di cui riusciamo a vedere la scritta. Lo sguardo di Nini, già dietro al casco mi appare disperato. Tenta una sortita attraverso il paese per verificare l’eventuale esistenza di altri hotel. Io presidio questo, non è l’Hilton ma porta pur sempre un nome altisonante, è l’Hotel Plaza.
La pioggia rinforza e Nini torna senza aver individuato nulla. Portiamo le moto nella “cochera” (garage) dell’albergo (un cortile) e saliamo per registrarci. Nini è traumatizzato e mi annuncia che lui su quel letto non dormirà. Io accetto di buon cuore.. a me non fa nessun effetto. Mi spoglio ed entro sotto una bella doccia calda che mi ristora.
Dopo una mezz’oretta trovo Nini al ristorante (?): non si è cambiato e vorrebbe proseguire… ma per me è troppo rischioso mettersi in strada di notte e sotto la pioggia. Avevamo infatti avuto modo di vedere molti sassi caduti in carreggiata dalle scarpate laterali e le modalità con cui qui fanno le segnalazioni dei lavori di riparazione stradale: mettono delle belle pietrone, anche in centro strada, per impedire il transito sulle riparazioni effettuate di fresco. Di notte è molto difficile vederle. Se poi piove….
Alla fine rimaniamo. Dopo cena, ci prendiamo una mezza bottiglia di Pisco, la grappa locale, e dopo un paio di bicchierozzi vedo tornare il sorriso sulle labbra di Nini!
Facciamo due passi ed è per me la prima volta, dopo un mese, che finalmente entro in serio contatto con gli indigeni. Era ciò che cercavo e a me non dispiace. L’opinione di Nini non coincide con la mia ma d’altra parte c’è un motivo se siamo “lastranacoppia.com”……………….!
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